martedì, settembre 04, 2012

L'altro ieri distante: personale di Lino Pes all'hotel Petra Bianca in Costa Smeralda

Resterà allestita per tutto il mese di settembre una mostra di pittura da non perdere all'hotel Petra Bianca in Costa Smeralda (località Cala di Volpe). L'artista è Lino Pes che ha scelto come titolo del catalogo e della personale "L'altro ieri distante". Il testo critico, qui riportato integralmente, è scritto da Ivo Serafino Fenu. " Lino Pes ama la poesia. Spesso da essa trae emozioni e ad essa affida, come un controcanto di suoni e parole, il commento della sua opera pittorica. «Dixit Simonides picturam esse poesim tacentem, poesim picturam eloquente» (Plutarco): pittura come “poesia muta” e poesia come “pittura parlante”, una vexata quaestio d’altri tempi che, nella sua opera sembra superata, non foss’altro perché, muovendosi in un ambito prettamente informale, i rimandi tra pittura e poesia altro non sono che semplici suggestioni, vibrazioni interiori, che mai scadono in pedisseque trascrizioni del verso in immagine ma che, talvolta, appaiono, a quanti vorrebbero trovarvi riscontri evidenti o assonanze tematiche, assolutamente irrelati se non, addirittura, contrastanti, in una poetica dello spiazzamento affatto contemporanea. Pittura, pittura, caparbiamente pittura dunque, in un arco temporale che dal 2000 al 2011, ha visto, invece, il predominio di altri media artistici, video e fotografia soprattutto, o più effimere esperienze performative, tanto da far apparire coloro che hanno continuato a praticare la vetusta arte pittorica, e Lino Pes è tra questi, attardati o non à la page. In questo remare contro, l’artista procede per visioni di marca neoromantica che ne fanno un vero maestro del colore, un colore ora cupo nei toni ora smagliante e corrusco, per un “altrove” saturo di una profonda quanto laica spiritualità. La sua tecnica, complessa e sperimentale, tesa a ottenere vibranti effetti pittorici, crea, infatti, con la forza di un cromatismo al contempo aggressivo e raffinato, quegli interminati spazi e quei sovrumani silenzi di leopardiana memoria, restando tuttavia saldamente ancorata a una poetica visiva afferente ai grandi maestri del Novecento e all’esperienza detta del Color Field, di Mark Rothko in primis, e al suo considerare la tela non solamente un luogo pittorico, quanto, piuttosto, una dimensione dello spirito, trascendente e immateriale. Ma, al contrario del grande pittore russo-­‐americano, l’opera di Pes è arricchita da un grafismo carico di simbologie arcane evocanti un Oriente mitico e primigenio e da una gestualità nervosa eppure controllatissima, così come controllatissime e frutto di calcolati equilibri proporzionali appaiono le campiture cromatiche che li accolgono, dando un senso alla celeberrima frase di George Braque posta in apertura di questo catalogo e che in essa si identifica, sempre in bilico tra emozione e ragione, in un equilibrio precario, un equilibrio ogni volta da riconquistare, opera dopo opera. E allora, la scelta che pare andare in direzione “ostinata e contraria” rispetto a una supposta contemporaneità, nell’artista olbiese ha il sapore della sfida: la consapevole e ostentata scelta di non piegarsi alle soverchianti imposizioni dell’establishment culturale dominante, per dar voce e forma a un sentimento dell’esistere che travalica l’effimero quotidiano. Del resto Lino Pes può fregiarsi di una carriera ultradecennale nella quale non sono mancati momenti di adesione a tendenze estetiche differenti e tangenze con la cultura della Pop Art o con la poetica dell’object trouvé, sempre alla ricerca di detriti e materiali sia naturali sia artificiali da assemblare e restituire a nuova vita o, ancora, con la Land Art, seppur senza mai rinunciare a quella dimensione “pittorica” dell’opera, a prescindere dalle tecniche e dai materiali. Ricerche supportate sempre da un personalissimo naturalismo, ma sarebbe più corretto dire, da un senso panico della natura che talvolta assume la valenza di una vera e propria denuncia sociale e politica, che sfugge a un ambientalismo di maniera mediante un rigoroso approccio concettuale. Al nuovo Millennio l’artista si affaccia con una serie dei grandi pastelli dedicati a un ipotetico Viaggiatore orientale e nei quali una complessa simbologia evocante antiche culture e futuribili civiltà fluttua in un magma cromatico capace di fondere, in uno sfrangiato sincretismo segnico, Oriente e Occidente. Lino Pes, alter ego di quel viaggiatore, ama inquadrare quei segni come “astrazione improntale”, perché di impronte culturali ben identificabili, per quanto abilmente dissimulate, trattasi. Infine, nelle opere più recenti, a tecnica mista su base serigrafica, le stratificazioni divengono più complesse e sofferte, e i neri, profondi e insondabili, si relazionano visivamente ai versi dell’amato poeta Vicente Aleixandre, quell’«unico oceano» e quella coscienza storica in bilico tra presente e infinito, incombente tanto quanto «quella montagna che navigando occupa il fondo dei mari come cuore traboccante». Ut pictura poësis?" (Ivo Serafino Fenu)